Dopo alcuni anni dalla storica sentenza n. 15076/2018 della Corte di Cassazione potrebbero presto arrivare novità molto importanti. Infatti, è in discussione in Parlamento la proposta di legge a firma dell’on. Devis Dori per l’introduzione nella rete dei permessi lavorativi retribuiti anche di quelli per accudire i propri animali domestici che si trovino in gravi condizioni di salute.
Il disegno di legge
Il disegno di legge in esame alla Camera prevede la concessione di tre giorni di permesso retribuito durante l’orario di lavoro in caso di morte e otto ore all’anno per assistere cani e gatti, considerati da milioni di italiani veri e propri membri della famiglia. Infatti, dall’analisi dei dati raccolti nel 2024 dalla Ipsos, leader mondiale nelle ricerche di mercato, emerge che più della metà delle famiglie italiane vive con almeno un animale d’affezione e che la perdita di un animale può causare un lutto comparabile a quello umano.
Trattasi, quindi, di un orientamento che, interpretando in senso lato e aderente all’attuale realtà sociale i cosiddetti “gravi motivi personali e familiari”, ha equiparato in alcuni casi l’assistenza ad un animale domestico a quella prestata a un familiare malato.
Ci devono essere condizioni ben precise
Attenzione però ai facili entusiasmi perché non si tratta di un riconoscimento automatico in quanto è necessaria la presenza di alcune condizioni ben precise, quali la certificazione veterinaria che attesti l’urgenza della malattia e l’assenza di altri familiari in grado di occuparsi dell’animale.
Ricorrendo le citate condizioni il datore di lavoro è obbligato a concedere il permesso evitando così di esporre il dipendente al rischio di violare l’art. 727 del c.p., che punisce l’abbandono di animali sia con la detenzione che una pesante sanzione in denaro. E’ ormai giuridicamente assodato che la responsabilità penale per maltrattamento di animali può aversi non soltanto per crudeltà intenzionali, ma anche per comportamenti colposi di incuria e abbandono.
Evitare possibili abusi nell’utilizzo di questi permessi
La proposta, al momento, riguarda esclusivamente cani e gatti, poiché sono gli unici animali per i quali è previsto l’obbligo di microchip e registrazione nell’Anagrafe nazionale degli animali da compagnia. Sono perciò “tracciabili” ai fini dell’accertamento dell’effettivo rapporto di convivenza e allo scopo di evitare possibili abusi nell’utilizzo di questi permessi. Ciò non toglie, ovviamente, che la tutela possa essere allargata in futuro verso la tutela dei lavoratori proprietari di altri tipi di animali in ambito domestico.
Ricapitolando la situazione odierna e in attesa di una norma specifica, chi sia costretto ad affrontare situazioni di emergenza con il proprio animale domestico può richiamare, munito di un certificato veterinario e dimostrando che non ci sono alternative per l’assistenza, la sentenza della Cassazione n. 15076/2018 per richiedere l’accesso a un permesso che potrebbe presto diventare legge e comparire in busta paga.