In frangenti di guerra c’è chi costruisce ponti di pace. Nessuno quanto lui, padre Sebastiano D’Ambra, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere, nell’acronimo Pime, missionario fin dal 1977 nelle Filippine per promuovere il dialogo tra musulmani e cristiani. Addirittura, una intuizione precedente, quella di Sebastiano D’Ambra, all’impegno dell’indimenticato cardinale Carlo Maria Martini, promotore del dialogo interreligioso tra le tre maggiori religioni monoteiste, in funzione di instaurare presupposti durevoli di pace nel mondo.
La fondazione del movimento Silisilah
Nato ad Aci Trezza, nella terra de i Malavoglia, padre Sebastiano D’Ambra è approdato a Zamboanga, città sull’estremo meridionale della penisola omonima, nella parte occidentale dell’isola di Mindanao, quarantotto anni fa. E fin dal suo arrivo nelle Filippine fondò il movimento Silisilah, votato al superamento delle barriere religiose attraverso esperimenti di convivenza tra cristiani e musulmani. All’attività di Silisilah si deve il fondamentale contributo all’instaurazione della Regione autonoma musulmana di Bangsamoro, appunto nell’isola di Mindanao.
Il meritato premio ricevuto
Per questo diuturno impegno in favore non solamente del credo cristiano, del quale padre Sebastiano è testimone in terra straniera, quanto per la capacità di tessere il filo di un ordito sociale di convivenza, solidarietà e tolleranza il missionario cattolico è stato insignito, nei giorni scorsi, dall’ambasciatore Davide Giglio dell’onorificenza di cavaliere dell’ordine della Stella d’Italia con provvedimento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
A padre Sebastiano D’Ambra va la stima non solamente dei corregionali siciliani, bensì l’apprezzamento di chi, in Italia, crede si possa vincere l’odio di cui rischia di essere pervaso il mondo. Come sosteneva Primo Levi, il male non smette di produrre metastasi. Per combatterlo l’unico antidoto è il bene.