“Vogliono chiudere”. La protesta dei lavoratori Mercatone Uno
Se lunedì era toccato agli insegnanti, stamattina sono i lavoratori del Mercatone Uno di Misterbianco a protestare davanti la prefettura di Catania. Oggi infatti si tiene a Roma l’incontro tra il Ministero dello Sviluppo Economico e le sigle sindacali, un tavolo nazionale per discutere sui 425 milioni di debiti del Gruppo “Mercatone Business” che entro il 19 maggio dovrà decidere quale misura adottare nei confronti di personale e creditori.
“L’azienda non è trasparente né coerente – ci dice Stefania Spampinato, della Rsa Fisascat-Cisl -. Il tavolo nazionale per ora è saltato, l’incontro che c’era oggi è saltato: l’azienda, due giorni fa, si è tirata indietro perché aveva convocato un cda straordinario”.
“Cerchiamo delle risposte dall’azienda che a tutt’oggi non ci fa sapere niente – aggiunge Davide Puglisi, dipendente Mercatone uno – non sappiamo cosa fare giornalmente. Risposte zero”.
La polemica, inoltre, è rinfocolata anche dalla vendita promozionale della merce, perché “loro dicono che è stata fatta per fare cassa ma a noi non risulta: prima era parziale, per alcuni articoli. Dopo un paio di giorni è diventata totale, quindi pensiamo di essere prossimi alla chiusura“, teme Puglisi.
“La svendita – aggiunge Spampinato – è iniziata il 21 e finisce il 26 aprile, quindi non c’è niente di certo se il 27 noi chiudiamo o continuiamo l’attività, perchè giustamente mancano le risposte. Si presume che il 27 aprile ci sia la chiusura”. Tuttavia i motivi sono oscuri. Nonostante l’attività del centro di Misterbianco negli anni “era un po’ calata, non si capisce perché” nella lista dei 34 negozi cd ‘poco performanti’ sia stato inserito “anche Arzano, in Campania, uno dei primi in Italia”.
“Nel momento in cui il punto vendita sarà vuoto, i lavoratori che faranno?” Questa la domanda di Marilena Russo, segretaria provinciale Filcams-Cgil, la quale però risponde che ancora non sono stati avviati gli accordi su eventuali ammortizzatori sociali, anche se davvero manca poco, meno di un mese, alla fine della : “Dobbiamo chiarire questo aspetto”, conclude Russo.
Uno dei maggiori problemi, dice il dipendente Fabio Pagano, è che licenziando il personale: “A maggio ci spettano 24 mesi di mobilità, mentre chiudendo il 27 (aprile, ndr) ce ne spettano soltanto 18. Ci hanno fregato anche in questo, non solo il posto di lavoro”.
L’aria che tira è nera, perché nonostante non ci sia nulla di ufficiale, sono poche le speranze di rimanere aperti. Michele Musumeci, componente segreteria provinciale Fisascat-Cisl ci spiega: “E’ inquietante solo il fatto che, allo stato già avanzato di questa vertenza, l’azienda non abbia avviato nessuna procedura di mobilità. E’ auspicabile che si possa provvedere a innescare un meccanismo di ammortizzatori sociali che possano aiutare i lavoratori. Ma noi, fino all’ultimo, speriamo che si possa avere qualche risultato positivo anche sulla tenuta dei negozi: è alquanto improbabile ma sempre auspicabile.”