I Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, su disposizione della locale Direzione Distrettuale Antimafia, stanno eseguendo una misura cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale etneo nei confronti di 14 persone indagate, a vario titolo, di concorso in duplice omicidio, 6 tentati omicidi e porto e detenzione illegale di armi da fuoco in luogo pubblico, tutti con l’aggravante di avere agito per motivi abbietti ed avvalendosi delle condizioni previste dall’associazione di tipo mafioso, al fine di agevolare i clan di appartenenza.
La complessa e articolata indagine ha consentito di ricostruire gli accadimenti e definire le responsabilità personali in ordine ai gravissimi fatti di sangue avvenuti a Catania l’8 agosto 2020, quando un nutrito gruppo di individui, costituito sia da semplici affiliati che da esponenti di vertice delle organizzazioni mafiose dei “Cursoti Milanesi” (a bordo di due autovetture) e del clan “Cappello” (su almeno 14 motoveicoli), entrambe operanti nel territorio etneo, decideva deliberatamente di affrontarsi in armi sulla pubblica via, causando due morti e diversi feriti.
Esito che poteva essere ben più nefasto se si considera che lo scontro a fuoco si è verificato di sera nel popoloso quartiere Librino, caratterizzato da un’elevata densità abitativa e dove i residenti (anche donne e bambini), soprattutto per la calura estiva, sono soliti trattenersi in strada fino a tardi.
Le accuse
Roberto Campisi, Davide Agatino Scuderi, Michael Agatino Sanfilippo, Giovanni Nicolosi e Rosario Viglianesi.
avrebbero agito insieme a Carmelo Di Stefano e Martino Carmelo Sanfilippo, già sottoposti a custodia cautelare per questa causa, tutti partecipi di un gruppo di fuoco che si contrapponeva all’azione di un
sodalizio mafioso rivale, esplodendo all’indirizzo di Luciano D’Alessandro e Vincenzo Scalia numerosi colpi d’arma da fuoco a canna corta.
Il primo fu colpito alla regione toracico-laterale sinistra con conseguente lesione della vena giugulare destra mentre il secondo da tre colpi, di cui due alla regione sopraglutea destra e un altro alla regione lombare
paramediana destra con penetrazione del cavo pleurico e consecutiva lesione dei lobi polmonari, cagionavano la morte di quest’ultimi.
I sette sono accusati con l’aggravante di aver agito per motivi abbietti, avendo commesso il fatto quale ritorsione conseguente a precedenti contrasti insorti tra organizzazioni criminali contrapposte e segnatamente il clan “Cappello” ed il gruppo dei “Cursoti Milanesi” cui gli indagati sono affiliati.
Gli stessi furono dunque tutti partecipi di un gruppo di fuoco che si contrapponeva all’azione di un
sodalizio mafioso rivale, esplodendo all’indirizzo delle persone offese sotto meglio indicate numerosi colpi d’arma da fuoco a canna corta che le attingevano in diverse parti del corpo, compivano atti idonei a cagionare la morte di queste ultime non conseguendo l’evento per cause indipendenti dalla loro volontà.
I feriti:
Segnatamente:
Concetto Alessio Bertucci veniva attinto da un colpo d’arma da fuoco a canna corta al
pene;
Luciano Guzzardi veniva attinto da tre colpi d’arma da fuoco a canna corta all’arto inferiore
sinistro;
Riccardo Pedicone veniva attinto da tre colpi d’arma da fuoco a canna corta di cui uno alla
regione addominale laterale sinistra, uno alla regione addominale inferiore destra e uno alla
regione superiore della spalla sinistra;
Gioacchino Spampinato veniva attinto da due colpi d’arma da fuoco a canna corta di cui
uno al braccio destro e uno alla gamba destra.
Le vittime
Martino Carmelo Sanfilippo e Rosario Viglianesi sono le due vittime della sparatoria: a pagare per la loro morte saranno Concetto Alessio Bertucci, Massimiliano Cappello, Salvatore Chisari, Renzo Cristaudo, Gaetano Ferrara, Luciano Guzzardi, Santo Antonino Lorenzo Guzzardi, Salvuccio Junior Lombardo, Gaetano Nobile, Rinaldo Puglisi, Sebastiano Cavallaro.
Si contrapponeva all’azione di un sodalizio mafioso rivale e tutti quali partecipi del medesimo gruppo di fuoco, esplodendo all’indirizzo di Sanfilippo un colpo d’arma da fuoco a canna corta e all’indirizzo di Rosario Viglianesi tre colpi d’arma da fuoco a canna corta che li attingevano, rispettivamente, alla regione sotto glutea destra (il SANFILIPPO) e al gluteo e agli arti inferiori (il VIGLIANESI), compivano atti idonei a cagionare la morte di questi ultimi non conseguendo l’evento per cause indipendenti dalla loro volontà.
La ricostruzione
Le prime risultanze investigative, oltre a fornire una iniziale ricostruzione dell’accaduto e a condurre all’individuazione di alcuni soggetti coinvolti nel conflitto a fuoco, consentivano l’emissione, in data 16.8.2020, di due ordinanze di convalida di fermo di indiziato di delitto e di applicazione della custodia in carcere nei
confronti, rispettivamente, di Carmelo Di Stefano, considerato l’elemento apicale del gruppo mafioso dei Cursoti Milanesi, e di Martino Carmelo Sanfilippo, altro esponente della medesima organizzazione criminale nonché uomo di fiducia del Di Stefano.
Dopo l’emissione dei provvedimenti cautelari, l’attività di indagine proseguiva senza soluzione di continuità giovandosi, tra l’altro, sia della collaborazione con la giustizia già avviata da Sanfilippo sia di quella intrapresa da altri partecipanti al cruento episodio delittuoso. Ciò permetteva di disporre di gravissimi elementi indiziari, temi di indagine e spunti investigativi derivanti dalle propalazioni di soggetti legati ad entrambi i gruppi mafiosi che si erano contrapposti
Per quanto, come era naturale attendersi, il contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori riflettesse inevitabilmente la specifica posizione rivestita, il particolare punto di vista e l’esperienza personalmente vissuta da ciascuno di essi, il narrato si rivelava reciprocamente convergente e sostanzialmente sovrapponibile sia avuto riguardo al nucleo e ai punti essenziali riguardanti la ricostruzione degli avvenimenti sia quanto ai soggetti coinvolti e resisi responsabili delle azioni delittuose. La valenza del quadro probatorio era ulteriormente rafforzata dalla circostanza, rilevantissima, che la ricostruzione proveniva da soggetti facenti parte delle due fazioni contrapposte che non avevano avuto rapporti tra loro e che, quindi, non potevano in alcun modo aver concordato quanto dagli stessi riferito in sede di istruttoria.
I collaboratori di giustizia, ciascuno con riferimento al gruppo criminale a cui era appartenente o si era comunque unito nell’occasione descrivevano e raccontavano l’antefatto della vicenda, il contrasto insorto tra Carmelo Di Stefano e Gaetano Nobile nonché quello tra Salvuccio Junior Lombardo e Giorgio Campisi, le fasi organizzative della spedizione e la dinamica effettiva del conflitto a fuoco.
La svolta
In particolare, le dichiarazioni di Martino Carmelo Sanfilippo, permettevano l’identificazione di ulteriori indagati, componenti del gruppo armato dei CURSOTI MILANESI, sino a quel momento ancora non individuati, i quali,
sottoposti ad interrogatorio, di fronte a precise contestazioni, ammettevano la loro presenza sul luogo dei fatti esibendo, alcuni, financo le lesioni riportate a seguito dei colpi d’arma da fuoco ricevuti.
Fondamentali, inoltre, si rivelavano le risultanze degli accertamenti balistici e medico-legali che riscontravano la veridicità delle dichiarazioni dei collaboratori.
Il video
Dirimente, poi, per la corretta ricostruzione delle diverse fasi in cui si era articolato il conflitto a fuoco, è stato il video rinvenuto all’interno del telefono cellulare di Giovanni Scalia, padre di Vincenzo, raffigurante parte
dell’azione delittuosa ancora in corso di consumazione e che consentiva di comprendere che la fattispecie delittuosa e la stessa azione omicidiaria si era articolata quantomeno in due fasi.
In sostanza, come già era emerso, si era trattato di un vero e proprio scontro armato tra esponenti del clan Cappello e dei Cursoti Milanesi originatosi in seguito al verificarsi di diversi e distinti episodi di contrasto accaduti nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti i fatti, episodi che avevano nutrito e acuito una radicata e storica contrapposizione tra i due clan, sfociata, infine, nella spedizione organizzata da esponenti di rilievo del clan Cappello nei confronti di Carmelo Di Stefano e del gruppo di soggetti a lui vicini appartenenti al clan dei Cursoti Milanesi
Gli arresti
Il Giudice per le indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania, pertanto, ha
disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dei seguenti
soggetti:
1. CAMPISI Roberto, nato a Catania il 31.3.1970 per i capi A-B-C;
2. CAPPELLO Massimiliano, nato a Catania il 12.8.1967 per i capi D-E;
3. CAVALLARO Sebastiano, nato a Catania il 2.1.1992 per i capi D – E;
4. CRISTAUDO Renzo, nato a Catania il 10.8.1993 per i capi D-E;
5. FERRARA Gaetano, nato a Catania il 16.10.1987 per i capi D-E;
6. GUZZARDI Luciano, nato a Catania il 31.3.1964 per i capi D-E;
7. GUZZARDI Santo Antonino Lorenzo, nato a Catania il 21.7.1992 per i capi D-E;
8. LOMBARDO Salvuccio Junior, nato a Catania 9.6.1994 per i capi D-E;
9. NICOLOSI Giovanni, nato a Catania il 21.6.2001 per i capi A-B-C;
10. NOBILE Gaetano, nato a Catania il 10.11.1985 per i capi D-E;
11. PUGLISI Rinaldo, nato a Catania il 4.1.1975 per i capi D-E;
12. SANFILIPPO Michael Agatino, nato a Catania il 12.10.1999 per i capi A-B-C;
13. SCUDERI Davide Agatino, nato a Catania il 4.11.1974 per i capi A-B-C;
14. VIGLIANESI Rosario, nato a Catania il 5.8.1999 per i capi A-B-C.
E.G.