«La Sicilia è una miniera di immagini, pronte ad essere fissate da chi le sa trovare: per chi è nato qui, l’isola è dentro ognuno di noi». Sono le parole di Angelo Pitrone, fotografo e docente di fotografia originario di Agrigento, che durante la sua carriera artistica ha immortalato i luoghi più suggestivi della sua Sicilia. Mercoledì 17 aprile alle 18.30, negli spazi espostivi del museo Le fabbriche, ad Agrigento, sarà inaugurata la sua mostra fotografica. Si intitola Sicilia plurale ed è a cura di Beniamino Biondi, che ha raccolto un compendio significativo della ricerca di Pitrone dal 1990 a oggi, spaziando dai lavori su pellicola b/n fino ai colori delle nuove tecnologie digitali. La mostra è organizzata da Le fabbriche e la Fondazione Orestiadi, patrocinata dal parco archeologico e paesaggistico della Valle dei templi e dal comune di Agrigento e con l’intervento del curatore Beniamino Biondi e dell’autore Angelo Pitrone.
Il tema è il paesaggio siciliano, a volte astratto e altre volte documento dei luoghi cari all’autore come gli ulivi della Valle dei templi. «Angelo Pitrone appartiene alla scuola dei fotografi che si sono fatti le ossa con la pellicola – scrive Beniamino Biondi nel testo di presentazione della mostra – Non è, in sostanza, fra coloro che raccolgono scatti come in una catena di montaggio, nell’ebbrezza povera di un risultato accidentale. Egli piega la realtà al suo sguardo, interpreta i segnali che essa offre: minimi, ineffabili, carsici e rarefatti, per rappresentare un suo discorso interiore, un suo processo di analisi del mondo. La weltanschauung di questa mostra ha un’eco nelle cento sicilie di Gesualdo Bufalino, ed è per questo che ho voluto intitolarla Sicilia plurale – continua il curatore – un’isola che esiste come espressione geografica ma non come identità, nel momento in cui ne possiede talmente tante – fino allo scontro, fino alla reciproca negazione – da non potere non essere ontologicamente un’isola pirandelliana».
«La Sicilia di Angelo Pitrone – conclude Biondi – è mutevole e contrastata: talvolta marginale e in dettaglio, abbandonata all’agonia del tempo, ma anche monumentale e stentorea, fissa in immagini potentemente evocative. Dai templi di Agrigento alle masserie dell’entroterra, dai lacerti della modernità alle sovrastrutture urbane, sono queste le cose che ne costituiscono la malinconica e incomparabile bellezza. Sicilia plurale è una direzione di lavoro, la tassonomia di una lunga ricerca che Pitrone ha compiuto e compie restituendo al tempo presente le tracce dei secoli e le impronte dell’attimo, nella risonanza che un’isola che balugina tra sfinimento e gaiezza».