Lo scandalo che ha investito l’assessorato alla Salute ha, inevitabilmente, portato i siciliani a chiedersi quale motivazione si celasse dietro l’alterazione dei dati Covid.
«Il reato di falso è funzionale di solito ad altro. Apparentemente, l’unico motivo che ci siamo dati, atteso che la massima autorità politica regionale, cioè il presidente Musumeci, aveva invocato a più riprese la zona rossa, è che si volesse dare l’apparenza di una macchina sanitaria efficiente mentre così non era. O non lo era così come la si voleva fare apparire», a rispondere a questo interrogativo è il procuratore aggiunto di Trapani Maurizio Agnello ai microfoni di Rainews24.
Razza ormai ex assessore alla Salute -si è dimesso ieri- davanti ai magistrati ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere: «È un suo diritto -commenta Agnello- e lo rispettiamo, ma ho detto al suo avvocato che un amministratore pubblico dovrebbe avere il dovere di spiegare la sua posizione».
L’indagine è partita nei mesi scorsi da un laboratorio di Alcamo nel quale, ha ricordato il procuratore, «veniva processato un gran numero di tamponi e venivano trasmessi dati non veritieri: partendo da questo fatto siamo risaliti fino all’assessorato alla Sanità. Abbiamo assistito a una sistematica alterazione relativa ai soggetti positivi al Covid, ai deceduti e ai tamponi, dati trasmessi poi alle autorità sanitarie centrali, che avevano il dovere di approntare le contromisure necessarie. Resta da capire il perché».
«La frase “spalmiamo i morti”, seppur in un contesto telefonico, ci ha colpito molto, ed è una terminologia significativa della spregiudicatezza della condotta. Ci sono alcune intercettazioni, su cui non voglio entrare, in cui emerge evidente il tentativo di calmierare i numeri», conclude Agnello.
Ad oggi, infatti, le certezze dei cittadini sono nulle. Una sfiducia che certamente si ripercuoterà sul bollettino in procinto di uscire stasera dopo il silenzio di ieri.