Dall’amore per la sua terra, per Pantelleria, lo chef Salvatore Bottaro trova ispirazione per ogni suo piatto. Ricerca, formazione e tanta passione sono gli ingredienti chiave del suo lavoro. Una passione quella della cucina nata da bambino. Una passione difficile da descrivere come le più belle emozioni. Ed è proprio questo che lo chef Bottaro cerca di esprimere e far rivivere con i suoi piatti.
Salvatore Bottaro, come si diventa chef? Qual è stato il percorso che l’ha portato fin qui oggi?
«Di sostanziale nel mio percorso più che le esperienze ci sono le scelte. Io ho cominciato a lavorare nei ristoranti a 12 anni. Seguivo mio padre, pulivo il pesce, facevo tutti i lavori più umili all’interno di una cucina. Mi sono così appassionato a questo lavoro. Non ho mai perso un’occasione per farlo ma non ho rinunciato nemmeno alla formazione universitaria. A 18 anni ho ricevuto una proposta di lavoro estremamente interessante a Manhattan ma io ho scelto di iscrivermi all’Università di Palermo. Mi sono laureato in Lettere e mi sono specializzato. Nel frattempo continuavo a lavorare in cucina. Ho fatto un’altra scelta ad un certo punto. Ho deciso di aprire il mio primo ristorante ed è iniziata così l’avventura di Zabib. Oggi c’è quella di Scruscio. Queste sono state due scelte importanti ma sono comunque fasi preparatorie al progetto finale che è quello di avere un ristorante di proprietà qui a Pantelleria. Un ristorante che possa essere un punto di riferimento anche fuori Pantelleria. La mia scelta principale è stata quella di affiancare sempre formazione, cultura e lavoro. Uno studio costante per creare una cucina che possa essere al passo coi tempi. Non un eccesso di elementi decorativi ma una ricerca accurata tra le materie prime. Un punto fondamentale per me è fare assaggiare al cliente, all’ospite, qualcosa che non ha mai assaggiato. Soprattutto fare assaggiare presentando il piatto in una veste diversa, legata alle tradizioni, alla cultura, ai sapori e agli odori del luogo».
C’è un ingrediente ricorrente nei suoi piatti?
«L’essenza di tutti i miei piatti è la semplicità e la ricercatezza degli ingredienti. Se dovessi pensare a un ingrediente ricorrente probabilmente potrei citare il finocchietto di mare. Un aroma che invece utilizzo nell’80% delle mie ricette è l’alloro».
Una cucina legata a Pantelleria. “La mia cucina è la mia terra”, questa è una sua frase. Cosa vuole trasmettere di Pantelleria attraverso i suoi piatti?
«La cosa che più voglio trasmettere di Pantelleria attraverso i miei piatti è l’aspetto wilde dell’Isola. E’ qualcosa che si trova in ingredienti che altrove non si trovano o se si trovano hanno un sapore diverso. Pantelleria è un’isola estremamente carica di energia, di forza e questa forza si riflette nell’ingrediente ed è quello che bisogna riuscire a trasmettere».
Il piatto che secondo lei trasmette meglio tutto questo?
«Secondo me sono due i piatti con cui riesco a trasmettere meglio tutto questo. I bocconcini croccanti di murena su crema di cipolla al vino rosso e bottarga di tonno e lo spaghetto agli anemoni di mare, ricci e clorofilla di basilico. Questi due sono sicuramente i piatti che oggi rappresentano meglio la mia Pantelleria».
Cosa è per lei la cucina o cosa è una ricetta?
«La cucina è senza dubbio amore e passione prima di ogni altra cosa, prima di ogni abilità tecnica. E’ una grande passione che spinge alla ricerca costante, a una riflessione interiore, è una cosa molto sentimentale. Una ricetta è il frutto della sedimentazione nel tempo di diverse culture, di uomini, di donne che viene interpretata o reinterpretata da una persona. Chi si appresta a interpretare o a leggere i tratti culturali che stanno dentro una ricetta è fondamentale che conosca di cosa si sta parlando. Una ricetta scritta con sequenza di procedimenti e ingredienti è davvero una cosa triste. Una ricetta è un fatto di cultura importante».
Come andrà la stagione a Pantelleria?
«La stagione quest’anno sarà un successo incredibile. Anche meglio delle precedenti. Le mete estere sono ancora parzialmente chiuse e soprattutto il Covid ci ha permesso di scoprire la nostra terra. Visitare la Sicilia è diventato non solo un progetto a lungo termine, ma per molti siciliani, italiani e non solo è diventato realtà, è diventato qualcosa da fare ora e subito».