Catania come il set del Padrino: rinvenuta la testa mozzata di un cavallo in contrada Codavolpe. La carcassa dell’animale come riportato da Live Sicilia, è stata rinvenuta dalle Guardie ittico-venatorie Eps.
L’animale è stato abbandonato con la testa decapitata molto probabilmente per poterne estrarre il microchip e non correre il rischio che le Forze dell’Ordine rintraccino il legittimo proprietario. Una notizia macabra e raccapricciante che ricorda la celebre scena del capolavoro firmato da Francis Ford Coppola quando il produttore Jack Woltz rifiuta di inserire nel cast del film che stava girando Johnny Fontane il figlioccio di Don Corleone. Così la testa del cavallo a cui era tanto affezionato si catapulta immediatamente tra le lenzuola dorate, intrise di sangue.
Una scena che ha fatto la storia nel cinema, trascinando con sè un vespaio di polemiche a partire dalla domanda che tutti si pongono dopo aver sentito Jack Woltz urlare di dolore: ma la testa sarà vera? Ebbene sì, niente effetti speciali, niente fantocci di cartapesta ma un’autentica testa mozzata. Il povero equino, come all’epoca precisò il regista non fu decapitato appositamente per “Il Padrino” I guardarobe, infatti, scelsero un cavallo pronto per essere macellato in una fabbrica di cibo per cani nel New Jersey.
Francis Ford Coppola ricorda come «un giorno ci arrivò sul set una cassa con del ghiaccio secco con dentro… la testa del cavallo».
L’ira degli animalisti
Non furono poche le lettere da parte degli animalisti indignati che ricevette il regista fino a quando, nel 2001, svelò la storia che si celava dietro la testa di cavallo.
Coppola rinnegava la finta testa con cui giravano le prove de “Il Padrino”: l’effetto era troppo poco realistico, non regalava allo spettatore l’orrore che un’intimidazione del genere può destare. Al momento del ciak nessuno avvisò John Marley del “cambio di programma”. L’attore si ritrovò le mani sporche di sangue vero e capì immediatamente che quella che c’era nel letto era la testa di un cavallo vero.
Un piccolo “inganno” per donare al film un aspetto autentico, la reazione di un uomo che si trovava nel modo più macabro a tu per tu con la mafia italoamericana.
La testa di cavallo come presagio di morte
“Il Padrino” racconta il dilagante fenomeno del gangarismo nell’America degli anni ’40, quando la mafia fu “esportata” Oltreoceano anche se in tutti i film della trilogia questa parola non è pronunciata neanche una volta.
Nella simbologia mafiosa il cavallo, animale estremamente intelligente, è considerato al pari di una persona. Far recapitare la testa mozzata di un cavallo è un avvertimento che recita: «Il prossimo sarai tu».
Un gesto che tristemente ha estetizzato la figura del gangaster, sinonimo di un uomo potente e rispettabile che opera attraverso la violenza, inneggia al lusso e predica i valori della famiglia, della religione e dell’onore.
E.G.
Crediti foto: LiveSicilia