La sua prima impresa dietro la macchina da presa per il grande schermo darà campo allo scrittore Niccolò Ammaniti per confrontarsi con miti siciliani e qualche leggenda.
Dopo due serie, “Il miracolo” e “Anna”, Ammaniti farà il suo debutto da registra nel cinema: «Non posso dire niente, se non che si tratterà di un horror siciliano, che ruoterà attorno alla mitologia di quella terra» ha dichiarato al Linea d’Ombra Festival a Salerno.
La sceneggiatura è dunque top secret ma possiamo provare ad indovinare: Scilla e Cariddi? Donne di fora?Colapesce? Una parte di noi, però, spera che Ammaniti si concentri sulle tante creature mostruose che affollano le leggende dell’Isola.
La Marabbecca
Nata dai racconti delle madri contadine, la Marabbecca – il cui nome vanta probabili origini arabe – è una creatura mostruosa che si mostra a volte come donna, altre come un grosso anfibio. Vive nei pozzi e nelle cisterne d’acqua sempre in attesa che qualcuno ci cada dentro. Questa leggenda era dunque un monito per tutti i bambini che venivano inviati dalle proprie madri a prendere l’acqua nel pozzo affinché non si sporgessero troppo.
La creatura rispecchia in un certo senso la paura stessa in situazioni dove il pericolo è immerso nell’oscurità.
U Muddittu
U Muddittu è un folletto e come tale ha tutte le caratteristiche dei suoi fratelli sparsi per i boschi: è dispettoso, molesto, ama recare fastidio agli essere umani. La creatura siciliana ricorda i fauni o i satiri della mitologia greca. Pare che la parte del corpo sia umana e dunque abbia un bel viso, mentre quella inferiore caprina. Indossa un mantello nero e un cappello rosso che potreste trovare gironzolando per le case abbandonate nelle zone del messinese. U Muddittu non è troppo benevolo con chi minaccia la sua casa: alcune vendette possono essere più leggere, altre portare addirittura alla morte del malcapitato.
La Biddrina
Secondo la leggenda potrebbe essere un grosso serpente d’acqua o un ibrido tra un drago e un coccodrillo. La Biddrina vive nelle zone umide della campagna di Caltanissetta. È un feroce rettile che con la sua grossa bocca inghiotte capretti, agnelli, bambini e beve acqua sulfurea al fine di accrescere la propria forza. La leggenda vuole che una biscia che rimanga nascosta per sette anni si tramuta in biddrina, diventando gigantesca come per magia. Questa serpe ammaliatrice vive nascosta presso le fonti e le paludi e riesce ad attirare i malcapitati che passino da quei luoghi incantandoli con lo sguardo. Pare che la Biddrina si sposti anche nei paesi del nisseno come Sommatino, Canicattì, Campobello e Marianopoli e che sia stata vista e uccisa a Cammuto, dove vi è una fontana che ricorda l’evento.
Il fantasma della Baronessa
Laura Lanza venne data appena quattordicenne in sposa dal padre Cesare, ricco proprietario terriero, al barone Vincenzo La Grua. Quest’ultimo però occuparsi dei propri latifondi piuttosto che passare del tempo con la giovane che rimaneva sempre sola nel castello di Carini. La baronessa si innamorò così di Ludovico Vernagallo che viveva nel vicino feudo di Montelepre. La passione tra i due sancì la loro morte: i due amanti vennero scoperti e giustiziati dal padre e dal marito nel dicembre del 1563. Laura cadde esamine e lasciò la propria impronta insaguinata sulla parete di una stanza del castello. Pare che nel corso degli anni molti abbiano visto la baronessa vagare tra le sale del podere, udito grida soffocate di una giovane donna. La leggenda ha attirato a sè molti investigatori del paranormale, ispirato film e libri.
U sugghiu
“Nun jiri ‘dda ca venu ‘u sugghiu e ti pigghia!”
Feroce e inquietante, il sugghiu è un mix tra un rettile, un essere umano e un mammifero: lungo circa due metri e ricoperto di squame color verde oliva, u sugghiu presenta anche un volto deformato da una criniera. Il suo verso è a metà tra il grugnito di un maiale e il raglio di un asino che usa per avvicinare gli animali e divorarli. Secondo la leggenda ha uno stomaco molto resistente, tanto da essere in grado di divorare le pietre. Avvistato nell’Ottocento in tutta la Sicilia, il fatto di cronaca più recente lo vede passare per il borgo di Torre Archirafi, nel catanese, dove si registrarono diversi furti di ortaggio, finiti anche sui giornali.
La leggenda del cavallo senza testa di via Crociferi
Nel Settecento, via Crociferi a Catania era frequentata a sera tarda da nobili che vivevano intense storie d’amore clandestine ed ordivano cospirazioni varie. Così per evitare che questi continuassero a vivere questa audace vita notturna, venne diffusa la leggenda che un cavallo senza testa vagasse nel cuore della notte in via Crociferi.
La leggenda spense tutti gli incontri. Qualche tempo dopo, un giovane fece una scommessa con i suoi amici: si sarebbe recato in quella via e per provarlo avrebbe piantato un chiodo proprio sull’Arco delle Monache Benedettine.
Il ragazzo riuscì nell’impresa ma rimase incastrato con il mantello e sentendosi strattonare si convinse che fosse arrivato il Cavallo senza testa. Il giovane morì sul colpo. Sull’arco è ancora visibile il segno del chiodo.