La Sicilia avvelenata e spolpata. Se la vogliono pappare i giustizieri

Per anni e anni abbiamo dipeso dal nostro quotidiano cittadino La Sicilia. Giorno dopo giorno l’abbiamo comprato e letto con voracità. L’abbiamo letto anche quando dicevamo che era cattiva informazione. L’abbiamo mantenuto e lo facciamo ancora oggi.
Ma il vento è cambiato ora che su La Sicilia è stata marchiata una lettera scarlatta. Gli opinionisti del web si lasciano andare a copiosi messaggi che misurano la credibilità di questo “scandaloso” quotidiano. E poi ci sono quei comunicati delle associazioni civili antimafia che arrivano alle redazioni degli altri giornali per esprimere indignazione “che vergogna!”.
Ora ci sono pure gli sciacalli che ci vorrebbero mettere loro le mani sopra, che lo vorrebbero dirigere. Si fanno avanti appuntandosi al petto il distintivo dei giustizieri.
Riccardo Orioles e Giovanni Caruso, mettono sul tavolo l’ipotesi di «assumerci l’incarico di traghettare il giornale La Sicilia dal giornalismo di Ciancio a quello di Giuseppe Fava, cosa di cui professionalmente e civilmente siamo in grado».
Sono pronti a fare una strage di quei professionisti che ancora lavorano a La Sicilia.
La miseria umana di Catania.
I legalitali che per ereditare un potere che hanno disprezzato per anni ora sono pronti a mangiarsi i posti di lavoro dei lavoratori. Un “esproprio proletario” intellettuale, umano e commerciale, insomma.
Alla direzione è stato scelto il giornalista Antonello Piraneo. «Una continuità – afferma Caruso – che va criticata e osteggiata. Noi preferiremmo che venisse nominata una persona super partes e, in quest’ottica, anche noi ci mettiamo a disposizione».
Tutto dovuto a loro. Non è bastato riconoscere ad Orioles i benefici della Legge Bacchelli. Ora, diamogli anche la direzione del quotidiano. Così, per atto dovuto e sacro santo, per puro assistenzialismo sociale.
Ribadiamo di essere solidali nei confronti dei colleghi. Schiena dritta, non per fare buona informazione giacché non esiste un pulpito ideale da cui valutare. Ma per resistere ai morsi del “giustizialismo frustrato”.