La lupa è una donna che non si vergogna della sua sensualità, una donna contemporanea che non ha timore di mostrarsi vogliosa in quella contraddizione perenne tra il concedersi e farsi desiderare.
Passionale e carnale, è raccontata con forza e vigore, senza veli da Donatella Finocchiaro sia come protagonista che nella direzione dello spettacolo, messo in scena al teatro Stabile di Catania e che sarà in replica fino al prossimo 26 marzo.
Racconta in maniera originale e intensa di un personaggio divenuto emblematico, uno dei personaggi tipici del Verga, gli esclusi dalla società diventano dei veri e propri miti.
“Datevi valore, la femminilità non è vergogna ma un valore aggiunto”, è il messaggio forte che Donatella vuole trasmettere a tutte le donne per farle riscoprire chi sono e cosa sentono, in tutte le varie sfumature senza tabù.
Per poter raccontare al meglio la storia ha spiegato Luana Rondinelli, autrice del progetto drammaturgico e collaboratrice alla regia, gli eventi sono stati spostati tra gli anni Cinquanta e Sessanta, anche per le canzoni che poi si ascoltano e che richiamano a quel periodo.
La scena richiama un paesino di campagna, tra le lotte contadine e braccianti, uomini e donne.
Carismatica ed ipnotica l’interpretazione di Donatella Finocchiaro, sensuale e voluttuosa nel ruolo da protagonista, così come intensa è stata l’interpretazione degli altri attori tra le battute in siciliano, scorze di luppini sputate per terra, gonne al vento con fazzoletti sventolati per placare il caldo e i proverbi delle donne di paese “timorate di Dio”, che parlano di “focu sutta la gonna”.
A vestire i panni di Nanni Lasca, il palermitano Bruno Di Chiara, l’uomo oggetto della Lupa, e poi Chiara Stassi, Maruzza, moglie di Nanni e figlia della ‘gn’a Pina, che è di Salemi.
Di Catania sono Ivan Giambirtone (Malerba), Alice Ferlito (Filomena) e Laura Giordani (la prefica). Liborio Natali, che interpreta sia Janu sia il Prete, è di Caltanissetta, Raniela Ragonese (Nela) peloritana di Cesarò.
Bravi anche Roberta Amato (Grazia), Gianmarco Arcadipane (Cardillo), Giorgia D’Acquisto (Rosa), Federica D’Amore (Lia) e Giuseppe Innocente (Bruno).
“La mia Lupa – come scrive nelle note sullo spettacolo Donatella Finocchiaro – di quella tentazione amorosa e carnale per Nanni si considerava la vittima e Nanni la considera carnefice perché non riesce a liberarsi dalla sua tentazione un gioco al massacro solo la morte potrà salvarli”.
Insomma i “vinti” di cui Verga parlava nelle sue opere, ma che nella Lupa ha un finale a metà strada tra un femminicidio e una beatificazione. Ma è forse l’unica via della redenzione per chi è vittima di sé stessa?
Foto Antonio Parrinello