Nella prefazione di Gabriel García Márquez al Mascaró di Haroldo Conti (2020, pagg. 356, € 16,50), tradotto da Marino Magliani per ExOrma, viene ripresa la straordinaria personalità dello scrittore e giornalista argentino. Uomo che lottò per la libertà: quella libertà necessaria a togliersi di dosso accuse infamanti, mossegli nell’annata 1975/76 dal regime del generale Videla.
Mascaró Conti: vita da fuorilegge
Ciò che emerge dalla corrispondenza con Gabriel García Márquezè è la vita da fuorilegge che Conti era costretto a fare. Segnato profondamente da questa doveva cambiare spesso abitazione, vivendo ansie per ciò che poteva accadere alla propria famiglia.
Márquez, fa un quadro generale di Conti, raccontando che era amante della campagna, degli animali (tutti indistintamente), dei bimbi, figli suoi e della compagna. Uomo che coltivava fiori e legumi e innamorato della scrittura di Hemingway.
Civili in casa Conti
Una sera un gruppo di civili armati di tutto punto si presentò a casa sua. Haroldo e la moglie furono portati via con la forza. Sottoposti ad un lungo interrogatorio. Infine, accusati di avere contatti con le autorità cubane.
Le torture
Subirono torture. Li sfigurarono. Fu concesso loro di potersi soltanto salutare: preludio questo alla condanna a morte. Per lui, perché Marta fu liberata al fine di accudire i figli.
Di Haroldo si avevano poche e pessime notizie. Sottoposto a continue torture e segregato in una cella piccolissima, le sue condizioni erano disperate. Un testimone raccontò di averlo visto uscire un’ultima volta in condizioni gravi. Enuresi compresa.
Da quella volta non lo si vide più, nessuno riuscì ad avere sue notizie, si seppe solo che fosse morto, per bocca del Generale Videla.
Mascaró alter ego di Conti
Da qui vi raccontiamo il libro Mascaró, dove l’incipit è una riflessione che Haroldo Conti descrive, dopo aver pubblicato il libro En Vida. Si sentiva vuoto e triste, pensava che non avrebbe più scritto neanche un rigo, quando l’incontro con un vagabondo, che gli raccontò la storia del principe Patagòn, lo illuminò per un eventuale romanzo.
Il cavaliere Mascaró
La storia comincia in una locanda di Arenales, località marittima dove bivaccavano personaggi in attesa di imbarcarsi su una vecchia nave, verso porti senza meta. Il gruppo era formato da Oreste, il principe Patagòn, personaggio molto bizzarro, il misterioso cavaliere Mascaró e molti altri.
Da qui un’avventurosa traversata di mare e con la conoscenza del capitano della vecchia nave Maňana che coinvolge il gruppo nella vita a bordo. L’eclettico principe, con tanti interessi ma senza un preciso obiettivo, spaziava dall’essere attore, poeta, indovino, praticante imperatore e tante altre onorificenze che si auto riconosceva, riesce a trasmettere al gruppo il senso della libertà del vivere: è qui che emerge la genialità dello scrittore, con impronta chiara di vivere nella giustizia per l’uomo.
Primo porto
Sbarcati nel primo porto, si uniscono a un circo dove vengono ingaggiati come artisti che portano in scena storie di libertà che male si intonano con le autorità locali, perché il rischio di accendere nel popolo locale una sete di ribellione era papabilissimo.
Parallelismo Mascaró / Conti
La storia scorre parallela con la drammatica situazione del periodo argentino dove gli accostamenti alla realtà non sono casuali. L’autore con un romanzo storico e avventuroso lancia il suo grido di giustizia, non disdegnando di parlarci della bellezza della sua terra, a tratti incolta e selvaggia, e di personaggi come Mascaró, figura epica che lotta per l’eterna ricerca di giustizia.
Libertà: fuga dalla dittatura diffamante
Conti nel suo immaginario si accorge di non essere solo. Tutto il libro è molto significativo nel raccontare la triste storia sud americana, fatta di lotte, per il raggiungimento di quella che in ogni individuo si chiama libertà.
Il libro è un capolavoro che tocca i cuori di tutti quelli che amano la vita come dono di giustizia, uguaglianza e libertà. Nel grande messaggio che Conti lascia in Mascaró si evince la bellissima storia intesa al pari di un capolavoro della letteratura argentina.
Triste e molto intensa nell’ultima pagina Conti, rifacendosi al personaggio che gli si avvicina di più, il principe, urla a squarciagola “Lo spettacolo è finito”, fuggendo verso quel traguardo indefinito che è, nuovamente, la libertà.