“Fumettibrutti, che si chiamava Luca”: inizia così una delle tante interviste che rilascia la fumettista catanese Josephine Yole Signorelli in arte Fumettibrutti.
L’articolo, che raccontava “CenerentolA” la nuova graphic novel dell’artista in coppia con la disegnatrice Joel (al secolo Roberta Muci), però mette subito i puntini sulle i specificando come Josephine Yole non sia sempre stata una donna.
Un approccio che non è stato apprezzato dalla fumettista che ha affidato i propri pensieri ad un post su Instagram: «Il pezzo inizia con frasi com “Fumettibrutti che si chiamava Luca”. Senza contare che Luca è mio fratello, ripeto che il libro non tratta la mia storia e in ogni caso non ho MAI dato il permesso a nessun* di parlare del mio nome precedente (unica licenza poetica, P.)», si legge sui social.
«Se non ne parlo -prosegue Fumettibrutti- è perché in quanto trans corro sempre il rischio che si possa ridurre la mia persona al mio percorso di transizione, e succede spesso quando si parla di persone transgender. Questo non vuol dire che se un’altra persona con un percorso di vita simile simile al mio vuole parlarne stia facendo male, ma che IO non ti ho dato il permesso di farlo e non vedo cosa c’entri con questo libro. Qui sono solo scrittrice».
«Il problema sono gli stereotipi soffocanti. Gli stessi che ti fanno credere che l’unico personaggio dichiaratamente trans dentro CenerentolA sia io e, di nuovo, non l’ho mai detto», conclude la fumettista.
Una riflessione che assume ancor più peso nel mese del Pride: giugno è dedicato ai diritti di genere, un argomento al primo posto in Italia –l’unico Paese dell’Europa occidentale a non avere forme di tutela per le discriminazioni contro le persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali– che vive il gran dibattito sull’approvazione del ddl Zan.
E.G.