L’Etna racchiude il mito del gigante di fuoco Encelado.
Con le numerose eruzioni in queste settimane, ora più che mai la storia di Encelado si colora di magia e di mistero. La forza imprevedibile e sconcertante dell’Etna ha da sempre affascinato chiunque la vedesse. Turista o abitante: non ci si abitua mai alla spaventosa bellezza del Vulcano. È per questo che l’Etna ha ispirato racconti mitici e leggendari pieni di potenza connessi alla sua terrificante quanto catartica forza. Secondo il mito, infatti, Encelado provocherebbe con la sua furia vendicativa le eruzioni dell’Etna, facendo tremare la terra e sognando la vendetta.
Il gigante di fuoco che abita nelle profondità del Vulcano
Il mito di Encelado si è tramandato di generazione in generazione. Pauroso gigante di fuoco è intrappolato al di sotto delle profondità del Vulcano e provocherebbe le eruzioni e i tremori a causa della sua incontenibile rabbia.
La Gigantomachia
La fama di Encelado si diffuse perché egli osò sfidare gli dèi dell’Olimpo. Di lui ci raccontano tanti scrittori in lingua greca e latina.
Sappiamo che il gigante partecipò alla Gigantomachia (racconto mitico incentrato sulla lotta tra Giganti e dèi con la vittoria finale di quest’ultimi). La terribile battaglia ha visto la supremazia del divino sull’infimo quindi, in termini simbolici, la vittoria della ragione sul caos, della cultura sull’inciviltà e in breve: del greco sul barbaro. I giganti, secondo il racconto, furono relegati nel Tartaro da Zeus dopo che egli sconfisse il padre Crono. Ma le terribili figure, furiose per il tradimento, iniziarono a pianificare la loro vendetta per impadronirsi dell’Olimpo e scalzare Zeus con la sua discendenza.
Dalla bocca di Encelado fiamme infuocate
Encelado possedeva mani enormi e una barba folta e incolta, come pure le sopracciglia; al posto delle gambe, poi, aveva due squamose code di serpente. A caratterizzare questa figura mostruosa, però, era l’alito infuocato che usciva dalla bocca. Era talmente ardente che, talvolta, raccontano le fonti, gli bruciava persino la barba e i capelli. Encelado faceva timore a tutti, esattamente come la sua prigione: l’Etna. La sua forza era stimata e temuta anche dagli altri giganti i quali non avevano il coraggio di opporsi a esso e, pertanto, obbedivano diligentemente a ognuno dei suoi ordini.
Il gigante, risoluto nel voler compiere la propria vendetta contro Zeus, decise di arrampicarsi fino all’Olimpo. Costrinse i suoi simili, quindi, a spostate le montagne europee e asiatiche e a disporle una sopra l’altra, in modo da ottenere una sorta di scala di cui si sarebbe poi servito per salire fino al regno degli dèi.
Encelado sepolto sotto l’Etna
Zeus si accorse del tentativo di attacco e, furente, scagliò un terribile fulmine, che illuminò il cielo e accecò i giganti, i quali caddero a terra in preda a dolori lancinanti. Ma il sovrano dell’Olimpo decise anche di disseminare le sue pericolose saette; alcune di queste colpirono le montagne ammassate, che rotolarono sopra i corpi dei giganti.
Encelado, ormai sconfitto, restò sepolto sotto all’Etna. Disperato e in preda alla rabbia, cominciò a emettere dalla bocca fumo, fiamme e lapilli, che, raggiungendo la cima del Vulcano, provocarono una violenta eruzione.
Il piano era fallito e il gigante dovette rassegnarsi al suo destino. Ma, ancora oggi, si narra che la furia di Encelado venga fuori violenta e tormentata e, quando questo accade, dall’Etna si scateni una potenza di fuoco. A lui sono addebitati anche i terremoti. Si racconta, infatti, che nel tentativo di liberarsi egli provochi dei forti movimenti della terra, che fanno sussultare i comuni alle pendici dell’Etna.
Encelado vittima dalla vendetta della dea Atena
Esiste, tuttavia, un’altra versione del mito. Stando a questa non sarebbe stato Zeus a intrappolare Encelado nel Vulcano etneo bensì Pallade Atena. Quest’ultima, figlia prediletta di Zeus, avrebbe deciso di vendicare l’affronto nei confronti del padre. Afferrato un grosso masso, quindi, lo lanciò addosso a Encelado, sotterrandolo.
Quel grosso masso era proprio la Sicilia e così il gigante rimase intrappolato con la bocca infuocata al di sotto del Vulcano. Sembra che la sua grandezza riesca a ricoprire l’intera superficie sottomarina dell’Isola. La pancia dalle parti di Enna, la gamba destra a Palermo e la sinistra a Mazara del Vallo, mentre le braccia finirono l’una sotto Messina e l’altra sotto Siracusa.
La leggenda di Encelado era talmente diffusa e tale era la soggezione che essa causava nel popolo, che si era soliti imputare le eruzioni dell’Etna al suo respiro infiammato, mentre i terremoti erano associati ai movimenti doloranti del gigante.
Ancora oggi in Grecia ci si riferisce ai movimenti della terra, indicandoli in maniera fantasiosa come ai “colpi di Encelado”, proprio in memoria del mito sul gigante di fuoco intrappolato ancora oggi nelle viscere dell’Etna.
G.G.