I migranti come testimoni e non indagati. Salvi “Sono da considerare persone offese”
I Sopravvissuti alla tragedia del 18 aprile considerati testimoni e non indagati. Il Procuratore di Catania Giovanni Salvi stamattina ha chiarito le motivazioni di questa scelta, giustificata dal diverso modo di operare da parte degli scafisti e da una diversa interpretazione del reato di immigrazione clandestina (vedi art. 10-bis a fianco). Negli ultimi tempi infatti si è visto come i trafficanti, anzichè approdare sulle nostre coste, lanciano l’allarme in alto mare per fare arrivare i soccorsi e così giungere a destinazione, con un notevole abbattimento dei costi economici.
Nel caso particolare dello scorso mese, i migranti sono stati raggiunti dal mercantile portoghese King Jacob in acque extraterritoriali, a circa 120 km dalla Libia, e poi trasportati da Malta in Italia. La loro traversata è terminata lontana dalle acque di competenza italiana, quindi non sono applicabili le norme che puniscono lo straniero nei casi in cui faccia ingresso illegalmente e per sua volontà in territorio dello Stato.
E anche se l’individuo si imbarca volontariamente per entrare in Italia, ma viene trovato in acqua internazionali, il tentativo non è punibile, essendo un reato contravvenzionale e non un delitto. Inoltre non è possible che venga considerato come collaboratore, a meno che non ci siano prove che lo dimostrano, dato che principalmente le accuse ricadono su chi guida le imbarcazioni e mette in pericolo la vita di chi sta a bordo.
“Il migrante deve essere sentito come persona offesa e non come indagato di reato collegato” ha dichiarato Salvi, ammettendo come questa diversa lettura del codice penale possa diventare una prassi, anche se nei limiti finora descritti.
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