Migliaia di anni fa la Sicilia era terra di elefanti. Nani però. Gli scheletri erano accuratamente conservati a Palermo, adesso ne abbiamo persino il Dna.
È quanto svelato da uno studio riportato sulla rivista Current Biology condotto da un team di scienziati provenienti dall’Italia, Regno Unito, Germania e Islanda. Undici erano i campioni di questi antichi elefanti, tra cui il Cranio n.3 estratto nella Grotta dei Puntali, un’area naturale protetta situata nel comune di Carini, nel palermitano, ha permesso agli esperti di ricostruire il DNA mitocondriale (ossia quel frammento di DNA che viene tramandato solo dalla madre) di un elefante nano.
Gli elefanti in Sicilia non sono sempre stati alti quanto un uomo. Inizialmente, infatti, la specie rientrava nelle dimensioni “standard” (4 metri di altezza e 10.000 kg di peso) del suo antenato Palaeoloxodon, ormai estinto e vissuto in Europa tra gli 800mila e i 40mila anni fa.
La carenza di cibo, però, ha provocato un lento dimagrimento che ha portato gli esemplari a perdere 200 chilogrammi e circa 4 centimetri per generazione, al punto da diventare quasi un decimo delle dimensioni del loro antenato.
Lo studio, dunque, ha svelato gli effetti dell’isolamento geografico su una specie. Un’altra domanda preme sull’argomento: ma come ci sono arrivati gli elefanti in Sicilia?
«A seguito delle glaciazioni, è possibile che esistesse un ponte di terra che collegasse l’isola al resto del continente», spiega al Corriere della Sera Carolina Di Patti, curatrice e responsabile del settore vertebrati del museo «Gemellaro» dove sono custoditi i resti degli elefanti nani siciliani.
E.G.