Il maestro pasticcere Nicola Fiasconaro, nel corso della prima Convention dedicata al panettone ha voluto sottolineare la necessità di tutelare il panettone Made in Italy.
Dopo la vittoria italiana al Campionato del mondo di alta Pasticceria di Lione sembra evidente la competitività della nostra arte dolciaria. Ciò che emerge inoltre è la necessità di proteggere questa eccellenza del Made in Italy.
Una tutela che può arrivare facendo chiarezza sulle diverse categorie di panettone, artigianale e industriale, e sull’esatta definizione di alcuni ingredienti.
Nel corso della prima Convention dedicata al panettone, organizzata dall’Accademia dei Maestro del Lievito Madre e del Panettone Italiano, il maestro pasticcere Nicola Fiasconaro, patron dell’omonima azienda dolciaria siciliana,
ha sottolineato l’esigenza di una più chiara regolamentazione.
Una regolamentazione che riguarderebbe le diverse categorie di pasticceria – artigianale e industriale – sia dal punto di vista legislativo che terminologico. Ma non solo: il Maestro ha voluto richiamare l’attenzione sull’esigenza di introdurre disciplinari più rigorosi per proteggere l’autenticità del panettone e garantire l’informazione corretta sul prodotto.
Nel corso dell’incontro è stato anche lanciato un appello per una lotta sempre più incisiva all’Italian Sounding – il fenomeno che sfrutta l’assonanza di nomi e marchi a parole italiane per produrre e commercializzare finti prodotti Made in Italy. Un fenomeno che solo nel 2021 ha causato danni per 42 miliardi di euro alla nostra produzione, colpendo duramente la filiera agro-alimentare italiana – basti pensare alla diffusione di marchi come Prosek, Parmesan, Zottarella.
«Sembra impossibile, eppure oggi il più grande produttore di panettone “italiano” al mondo è il Brasile, seguito dal Perù. – ha spiegato Fiasconaro -Un’azienda brasiliana di origini italiane produce circa 200 mila tonnellate di prodotto all’anno, con 140 mila filiali in 40 paesi. Aumentare l’export di prodotti italiani è solo la prima soluzione per combattere la contraffazione della nostra tradizione dolciaria.»