Il bilancio della pandemia sul settore della ristorazione e, di conseguenza, sul settore agricolo è drammatico. Nel report pubblicato da Coldiretti si legge: “La nuova mappa dei colori della pandemia fa chiudere più di 8 locali su 10 (81%) presenti in Italia fra bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi nelle regioni rosse e arancioni dove è proibita qualsiasi attività al tavolo”. Un bilancio preoccupante sul versante economico e occupazionale.
Stando alle stime Coldiretti sui dati Ismea, sono “oltre 291mila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi costretti a stare chiusi” ma considerando i lunghi mesi di chiusura o apertura saltuaria dello scorso 2020 si arriva al dimezzamento del fatturato annuo (-48%) per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro.
Passanisi: “Il settore agricolo soffre”
L’intera filiera agroalimentare è stata notevolmente danneggiata. Si tratta di quei prodotti Made in Sicily simbolo della nostra terra: dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura, passando per gli agrumi, dai salumi ai formaggi di alta qualità.
Il settore Horeca, principale interlocutore delle aziende “virtuose” è in stop, significa che la maggior parte del commerciale destinato al settore che comprende Hotel, ristoranti, catering ma anche bar e pizzerie, non può essere investito. Andrea Passanisi, presidente etneo di Coldiretti, alla redazione dell’Urlo: «Se i ristoranti e bar sono chiusi il settore agricolo, di rimando, ne soffre gravemente. Si parla di tutto il comparto Horeca con la stragrande maggioranza dei soggetti che sono piccole e medie imprese. Le etichette di alto livello in campo vitivinicolo, ad esempio, vengono commercializzate soprattutto nel settore della ristorazione, degli Hotel, degli agriturismi, con il blocco attuale tutto ciò provoca un effetto a “cascata” sull’intera filiera agroalimentare».
“Il settore agroalimentare deve ampliare gli interlocutori”
Nonostante la fitta rete di contatti tramite Campagna Amica aumentare il raggio di commercio e di interlocutori appare, adesso, quanto mai necessario. «Da gennaio a maggio del 2020- aggiunge Passanisi- c’è stato un crollo totale del settore sia perché tutto era fermo sia perché le richieste si sono spente; in questo periodo, infatti, le spese sono ridotte al minimo. Gli imprenditori, però, non devono abbassare la soglia d’impegno. Servono nuove strategie: bisogna fare comunicazione, sponsorizzare i nostri prodotti tramite la bellezza del territorio e il rapporto tra chi raccoglie gli alimenti e chi li consuma». «Imprescindibile- continua- la connessione tra produttori e consumatori che abbatta, realmente, le frontiere ed esporti il Km 0 come prodotto di qualità della nostra terra».
Le aziende agricole cambiano rotta per sopravvivere
Il lockdown della scorsa primavera ha messo già in crisi i livelli commerciali ma non di produttività che, pertanto, deve essere canalizzata in flussi diversi. «Parliamo- aggiunge Passanisi- di fortificare rapporti commerciali “virtuosi” verso le grandi distribuzioni del prodotto nostrano. Bisogna ampliare la platea degli interlocutori»
Il Made in Sicily simbolo di eccellenza
Il Made in Sicily è simbolo di eccellenza all’estero, Passanisi ci informa sulla strategia di apertura al mercato internazionale: «Il Made in Sicily è visto all’estero come simbolo di eccellenza. Tutto ciò che proviene dalla nostra terra trova un ottimo riscontro nel commercio estero, quindi, ora più che mai appare necessario sfruttare quest’ onda. Tuttavia- precisa il presidente etneo Coldiretti- il pacchetto comprende la sponsorizzazione del prodotto, il packaging, la storia e la tradizione di quell’alimento, la bella presentazione visiva».
«È uno sforzo necessario per sostenere un settore che, stando ai ritmi dell’emergenza Covid, non avrebbe vie di sviluppo. Io sostengo che bisogna investire su due direttrici diverse ma complementari- evidenzia Passanisi- innovazione e tradizione insieme e, soprattutto, comprendere che l’agricoltura è un mercato in evoluzione»