Caravaggio Immersive. Il genio in un percorso multimediale
Dal 12 dicembre al 31 marzo 2020 al Castello Ursino

“Caravaggio Immersive”. Inaugurato al Castello Ursino il percorso multimediale dedicato a Caravaggio, alla sua permanenza in Sicilia e alle principali opere prodotte sull’isola. A dare il benvenuto, il direttore artistico Roberto Pantè.
L’omicidio di Rinuccio Tommasoni e la fuga a Malta
Michelangelo Merisi, altrimenti conosciuto come Caravaggio, ai nostri giorni lo avremmo inquadrato come un bullo, una ‘testa calda’. Circondato da personaggi di malaffare, tra osterie e bische, era solito alle risse. Una gli andò peggio delle altre, il 28 maggio 1606. Ancora incerto è il movente del litigio, se per un fallo subito dalla squadra di Caravaggio durante una partita di pallacorda o se per provocazione, ma a Campo Marzio, per mano dell’artista, perse accidentalmente la vita Rinuccio Tommasoni.
Condannato a morte, fu costretto alla fuga. Trovò rifugio prima a Napoli e subito dopo a Malta presso l’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni. Imprigionato nel 1608 per un’altra rissa ai danni di un cavaliere di rango superiore, Caravaggio riesce a evadere e a nascondersi a Siracusa da Mario Minniti, un amico conosciuto durante gli ultimi anni di permanenza a Roma.
È proprio a Siracusa che Caravaggio realizza quella che possiamo definire – e a ben dire – l’opera massima della sua produzione: “Il seppellimento di Santa Lucia”. Realizzata tra le mura della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro di Borgata, l’opera è attualmente esposta e conservata a Ortigia, nella Chiesa di Santa Lucia alla Badia in Piazza Duomo. Sarà la riproduzione virtuale del dipinto ad aprire il percorso multimediale “Caravaggio Immersive” al Castello Ursino.
Caravaggio inaugura una nuova stagione pittorica in Sicilia
“Il seppellimento di Santa Lucia” è l’opera che maggiormente esprime i temi centrali della produzione artistica di Caravaggio, ovvero il male, la sofferenza e la morte. Motivi che hanno determinato la sua magnificenza.
Con “Il seppellimento di Santa Lucia”, Caravaggio si getta alle spalle le rassicuranti idee rinascimentali e da vita a una nuova stagione pittorica che apre le porte alla realtà nella sua drammatica evidenza. Una realtà non artefatta, la realtà del male che vive nell’ombra, di ciò che non deve essere visto ma che Caravaggio ha il coraggio e l’irriverenza di svelare con occhio libero da pregiudizi.
La scena del dipinto è narrata con grande tragicità. A occupare il primo piano, due grandi becchini dall’aspetto mostruoso, immondo e brutale, intenti a scavare la fossa della santa il cui corpo riverso per terra, nella parte inferiore del quadro, presenta una vistosa ferita da arma da taglio sul collo. Sono loro i veri protagonisti sinistri dell’opera, i due becchini. La loro energia trasferisce nell’osservatore una logorante e terribile espressione della forza del male.
In secondo piano, gli astanti al funerale e il vescovo che impartisce l’estrema unzione.
Interviene dunque un’altra geniale intuizione del pittore, anticipata ne “La vocazione di San Matteo” (1600) custodita nella chiesa di San Luigi de’ francesi a Roma. È la latomia che occupa lo spazio sovrastante per metà della tela la scena principale del Seppellimento di Santa Lucia, esercitando una forte spinta verso il basso come un enorme e pesante masso sui due carnefici.
La rivalsa di Caravaggio su Gian Pietro Bellori
Il tema del Seppellimento di Santa Lucia è molto vicino al pittore. Caravaggio scappava dal carcere e dalla sentenza che lo condannava alla stessa fine della santa. Perciò, ad ogni pennellata trasferiva sulla tela tutto il suo dramma e l’angoscia del destino comune da cui fuggiva disperatamente.
L’impronta stilistica caravaggesca infiammò l’Europa per un quarto del Seicento. Anche quando passato a miglior vita, Caravaggio continuava a essere guardato con circospezione dalla Chiesa per ragioni estetiche e morali. Era la sua attitudine a rappresentare una società peccaminosa, sporca e di malaffare, in luoghi sordidi, a essere malvista. Riabilitando l’idea rinascimentale e rivalutando pittori come Carracci o Raffaello, il critico Gian Pietro Bellori condannava poi all’oblio Caravaggio, fino a farlo dimenticare e favorendo l’avvento del Barocco, caratterizzato dal ritorno alla bellezza eterea delle sacre divinità.
Già nel 1672 Caravaggio era completamente dimenticato. Si tornerà a parlare di lui intorno al 1916 quando Roberto Longhi avvia i suoi studi di ricerca su Caravaggio e i caravaggeschi. Solamente nel 1951 a Milano, città d’origine di Caravaggio, si allestì la prima grande mostra dedicata all’artista.
Fino a quel momento, infatti, la sua opera rimase nel buio più assoluto. La piena consapevolezza della sua grandezza si registrerà solo in età moderna.
Il percorso multimediale dell’artista milanese nelle sale del Castello Ursino permette dunque al visitatore una chiave di lettura su Caravaggio più approfondita grazie alle più recenti innovazioni e tecnologie applicate all’arte. Un viaggio nella vita e nelle opere dell’artista che si conclude con il suo rientro a Napoli tra le onde del mar Ionio.