Amore e criminalità: sono questi i temi pittoreschi della musica neomelodica che spesso sfociano in un vero e proprio atteggiamento di accondiscendenza ed esaltazione del sistema mafioso assunto dai cantati neomelodici siciliani e campani.
Ma una proposta di legge, perfezionata da deputati e senatori della Commissione parlamentare antimafia, potrebbe modificare l’articolo 414 del codice penale ed introdurre l’aggravante dell’istigazione o dell’apologia della mafia.
«Non vogliamo certo censurare la libertà di pensiero -chiarisce la deputata Stefania Ascari, M5S, prima firmataria del testo- Ma mettere uno stop a quelle condotte e quelle espressioni che superano il limite. Quindi equivalgono a manifestazioni di mafiosità. La libertà di pensiero non può infatti essere invocata quando l’espressione del pensiero diventa una offesa».
Il messaggio mafioso mira al consenso sociale
«La mafia si nutre di messaggi e questi vanno fermati. Non è possibile esaltare la strage di Capaci, si tratta di istigazione e si mira a ottenere consenso sociale. Così la mafia diventa una alternativa positiva e va fermata. Il contrasto alle mafie deve partire dal linguaggio, altrimenti non le fermiamo più. Va responsabilizzata -conclude la deputata pentastellata- la comunicazione, e alcuni personaggi non vanno presi a modello ma vanno trattati da criminali».
Al momento, infatti, nessuna legge punisce chi esalti la mafia: il reato di apologia, infatti, esiste per il terrorismo.
Il testo si compone di due articoli i quali prevedono che se l’istigazione o l’apologia riguardano il delitto previsto dall’articolo 416-bis (associazione di tipo mafioso) la pena è aumentata della metà. La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso durante o mediante spettacoli, manifestazioni o trasmissioni pubbliche o aperte al pubblico ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. Non possono essere invocate ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume.
Inoltre, quando il delitto è commesso mediante l’utilizzo di social network o mediante emittenti radio o televisive o per mezzo della stampa, chi è responsabile della divulgazione dell’apologia viene punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 10.000 euro e con l’obbligo di rettifica.
E.G.