Accelera il consumo di suolo in Italia, e Catania tra le città peggiori. Lo dice il rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).
Il cemento si mangia 70 km2 nel 2021, dato peggiore degli ultimi 10 anni. Tra il 2006 e il 2021 in Italia sono stati consumati 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale a causa dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali, con una media di 77 km2 all’anno.
Sono spariti 2,2 metri quadrati al secondo, in tutto 69,1 km2 di nuove coperture artificiali in un anno.
“Un ritmo non sostenibile” che, calcolando l’impatto negli ultimi 15 anni, ci presenta un conto da 8 miliardi di euro l’anno “che potrebbero incidere in maniera significativa sulle possibilità di ripresa del nostro paese”.
Lo scrive l’Ispra nel rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”.
Anche a causa della flessione demografica, il suolo consumato pro capite aumenta in un anno di 3,46 m2, passando da 359 a 363 m2 /ab.
Si legge nel rapporto sul consumo di suolo in Italia: “Tra il 2006 e il 2021 in Italia sono stati consumati 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale a causa dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali, con una media di 77 km2 all’anno”.
Chi sono i peggiori?
Nord-Ovest e Nord-Est si confermano i territori dove si registra il maggior consumo di suolo in Italia.
Le regioni peggiori sono Lombardia e Veneto, rispettivamente con il 12,12 e l’11,9%. Seguite dalla Campania con il 10,49%. Ma gli incrementi maggiori sono soprattutto al Nord: Lombardia con 883 ettari in più, Veneto (+684 ettari), Emilia Romagna (+658), Piemonte (+630) e Puglia (+499).
La provincia o città metropolitana con il più alto consumo di suolo è Roma: oltre 70mila ettari complessivi, con un aumento annuo record di 95 ha.
Seguono poi Ravenna e Vicenza con 68 e 42 ha in più (ma legati a opere reversibili, ovvero cantieri).
Le città peggiori con cambiamenti irreversibili sono Reggio Emilia, Catania (per il polo intermodale dell’interporto) e Novara (un terzo dei suoi 35 ha è legato a stabilimenti per e-commerce).